132 giocatori tra i PROFESSIONISTI, BONGIORNI saluta MARGINE COPERTA
Si conclude una storia d'amore durata trentasette anni, adesso andrà al Seravezza Pozzi
Sta tenendo banco in questi giorni la clamorosa notizia della separazione tra Antonio Bongiorni ed il Margine Coperta dopo una lunga storia d'amore durata ben trentasette anni.
Proprio Bongiorni, che sarà il prossimo Responsabile dell'area sportiva del Seravezza Pozzi, ha rivissuto con il collega de IL TIRRENO Roberto Grazzini la sua straordinaria carriera al Margine Coperta, svelando anche curiosi aneddoti.
Al centro sportivo Renzo Brizzi il sordo rumore del pallone da basket che rimbalza sul parquet, udibile all’esterno, si alterna a quello più ovattato della sfera di cuoio, colpita in vari modi dai ragazzi sparsi sui vari campi di calcio. Solo i fischietti degli istruttori hanno lo stesso suono. Rumori consueti, quasi confortanti, rispetto all’assordante silenzio, che regna in quella stanza a fianco al magazzino ed alla segreteria. Non è un ufficio qualsiasi bensì il sancta sanctorum" di Antonio Bongiorni, per 37 anni direttore generale della Polisportiva Margine Coperta, che a fine giugno lascerà per andare al Seravezza Pozzi.
Più che un ufficio, pare un autentico museo. Foto, maglie di giocatori firmate, lettere, cimeli vari. Ed esclusi gli effetti personali più cari resterà così anche dopo la sua partenza per la Versilia, ad imperitura memoria. Prima però è doveroso riavvolgere il nastro per capire il legame viscerale fra la Polisportiva Margine Coperta e Antonio Bongiorni. "Stavo facendo il corso allenatori – esordisce guardando il sole che tramonta – e lavoravo già con l’Atalanta quando Dino Fedi, compagno di corso che aveva iniziato il progetto di rilancio del Margine, mi chiese di proporre all’ allora direttore tecnico della società bergamasca Previtali ed a Pizzaballa un rapporto di collaborazione. Ci incontrammo in un ristorante di Marina di Massa e ci fu subito sintonia. L’Atalanta voleva un uomo di sua fiducia all’interno del centro sportivo e scelse me".
Fu amore e a prima vista col piccolo sodalizio valdinievolino che per decenni resta ai vertici, vincendo innumerevoli titoli toscani Allievi e Giovanissimi e raggiungendo il titolo di Campioni d’Italia con i Giovanissimi nel 2013. Antonio ne è indubbiamente il principale artefice. "Un messaggio forte e chiaro. Abbiamo fatto capire a tutti chi era il Margine ma non solo riguardo i risultati". Il centro Brizzi inizia a sfornare talenti. Il primo ad approdare a Bergamo è Massimiliano Bongiorni. Quindi Chicco Pisani e gli occhi del vecchio mestierante si inumidiscono. "Pochi giorni fa correva il ventitreesimo anniversario dalla tragica scomparsa di questo funambolo che fece impazzire San Siro al debutto in quel lontano 1992. Poteva diventare un grandissimo campione ma purtroppo il destino ha voluto il contrario come per Michele Meoni e Michele Bartolini, che ricordo con immenso affetto".
A seguire Rossini, Pagano, Guarente, Vannucchi, Buzzegoli, Pugliesi, Marconi, Polvani, Bianchi, Pazzini e Bonaventura. Tira fuori il quadernone a quadretti su cui aggiorna gelosamente i dati. Al momento sono 132 i giocatori approdati tra i professionisti, senza contare la quarta serie. La leggenda narra che già dal modo di camminare il buon Antonio riesca a capire se uno diventerà buon giocatore. "Questa è una dote innata – confida – una sorta di istinto percettivo affinato dalla frequentazione col compianto Mino Favini. Mi mandarono a visionare dei giocatori in Velez – Indipediente: prima della gara giocavano i ragazzi e rimasi impressionato da un bambino: non lo prendevano mai. Quel bambino era Aguero".
Ma come è possibile che società investono da tempo molto sul settore giovanile non hanno ancora giocatori nelle figurine? "Perché non hanno me è la risposta più facile ma altrettanto sbagliata – replica sorridendo - le società devono investire anche per primeggiare ma prima di tutto per far crescere e migliorare i propri prodotti. A Margine ho avuto la fortuna di avere istruttori come Polverino, Nerozzi, Bonfanti. Ognuno di loro ha lasciato il segno, specie Irio Casini, grande lavoratore sul campo di un un’umiltà impareggiabile, che sapeva ascoltare. Epoi senza passione non si può fare calcio. Adesso è Internet a dettar legge, scapito del rapporto paterno che legava allenatore ed allievo" . Il nastro è finito. L’amore no. "Volevo uscire a testa alta dalla mia seconda casa e penso di esserci riuscito. Il nuovo che avanza non mi aggrada ma rimarrò sempre legato alla vecchia dirigenza. Non potrebbe essere altrimenti". Buona fortuna Antonio.