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Un URAGANO sul CALCIO TOSCANO: andiamo però con i piedi di piombo

Inchiesta choc su immigrazione, falsi passaporti con in mezzo il Prato, la Sestese e anche una fetta del nostro mondo

Due giorni davvero choccanti per chi come noi segue da anni le vicende calcistiche del calcio toscano, dai dilettanti ai settori giovanili, a tutti quei risvolti socio-politico-sportivi di un movimento incredibile, con alle spalle migliaia di persone, praticanti e non, volontari e non, amanti di questo fantastico sport.

Come reagire a quanto leggiamo da ore, prima sui vari siti nazionali e locali, purtroppo non sportivi? Cosa credere di queste accuse, cosa accettare di un "castello" inquisitorio davvero pesante? 

Il pensiero va a un personaggio come Filippo Giusti che conosciamo e stimiamo da anni. Troppo spesso in questi anni abbiamo visto "sbattere il mostro in prima pagina", distruggere l'immagine di una persona con accuse rivelatesi poi calunnie o infondate. Per questo TOSCANAGOL ha voluto prendersi qualche ora di stop e di riflessione e non di seguire l'onda di quanto sta arrivando dalla Procura di Prato. Troppo facile tirare una riga e stilare giudizi sommari. Meglio attendere gli sviluppi, capire i vari passaggi e dare la possibilità agli accusati di difendersi. 

In ballo c'è l'onorabilità di società importanti a livello professionistico come il Prato, o un'eccellenza del calcio dilettantistico come la Sestese, da anni una delle più belle realtà giovanili della nostra regione. E poi il rispetto e la trasparenza del nostro movimento, se venisse provata la seconda parte dell'accusa, quella cioè di partite "truccate" nelle nostre serie minori.

Giusto quindi attendere gli eventi nella speranza che tutto si ridimensioni. Intanto attendiamo una presa di posizione da parte della Sestese che tra poco dovrebbe far uscire un suo comunicato. Un primo passo per capire.

Gino Mazzei

Qua sotto raccontiamo quello che è successo a partire dalla mattina di giovedì 20 Luglio quando il "caso" è scoppiato nella ricostruzione che ha fatto il quotidiano IL TIRRENO

"Se non gli danno il visto allora, se ha stomaco, deve arrivare fino in Libia, imbarcarsi su un gommone e arrivare in Sicilia. Poi, lì andiamo noi a prenderlo". C’è anche una frase come questa nelle intercettazioni telefoniche raccolte dagli investigatori a dimostrare il cinismo al quale erano arrivati alcuni procuratori sportivi nel gestire il traffico di baby calciatori dalla Costa d'avorio e dal Senegal.

Promesse del calcio, ma soprattutto “merce” da valorizzare e vendere sul mercato delle società sportive. È il calcio peggiore quello che emerge nell’inchiesta portata avanti dalla Squadra mobile di Prato, diretta da Francesco Nannucci, sotto la guida del procuratore capo Giuseppe Nicolosi e dei sostituti Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli. E nella mattina di venerdì 21 luglio i quattro indagati sono arrivati in procura per l'interrogatorio di garanzia  (tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere). Tra questi Paolo Toccafondi (difeso dall'avvocato Enrico Guarducci), che si è dimesso dalla presidenza del Prato Calcio e che ha rilasciato una breve dichiarazione: "Sono tranquillo, la cosa importante è emerga che io e la mia famiglia siamo sempre stati onesti". Al vertice della società è salita la sorella di Paolo, Donatella Toccafondi.

Quattro le misure restrittive e numerose perquisizioni sono state compiute in varie città d’Italia nei confronti di persone e società sportive nell’ambito dell’inchiesta in cui si ipotizzano i reati di immigrazione clandestina, falso documentale, favoreggiamento reale e, nei confronti di molti di loro sono emersi anche profili di responsabilità per frode sportiva.

E a questo proposito sono entrati a pieno titolo anche il designatore degli arbitri toscani, un arbitro e dirigenti di almeno una decina di società che hanno partecipato al passato campionato di Eccellenza. Sotto la lente di ingrandimento anche l’incontro dei playout di Lega Pro fra Prato e Tuttocuoio del 28 maggio scorso, finito 0-0 e che ha permesso la salvezza del club biancazzurro in virtù del miglior piazzamento avuto in classifica al termine del campionato regolamentare. Alcuni componenti del cda del trust di tifosi Orgoglio Pratese, nelle intercettazioni telefoniche avrebbero confermato che la partita era combinata e di un risultato deciso a tavolino il giorno prima del match.

LE MISURE CAUTELARI

Ma andiamo per ordine: le misure cautelari riguardano il presidente dell’Ac Prato,Paolo Toccafondi, 46 anni, interdetto per quattro mesi dallo svolgere l’attività di presidente della società biancazzurra; il presidente della Sestese, Filippo Giusti,50 anni, posto agli arresti domiciliari, così come il procuratore sportivo, Filippo Pacini di 34 anni. È stata trasferita in carcere a Sollicciano invece Eulalie Stephanie Nety, ivoriana di 43 anni, e lì vi resterà fino al 15 settembre prossimo quando la misura restrittiva sarà sostituita con l’obbligo di dimora a Prato ed il divieto di espatrio. Nei confronti della donna la misura restrittiva è stata più severa perché la giudice delle indagini preliminari, Angela Fantechi, ha ritenuto che avesse la possibilità di inquinare le prove visto che con lei vivono due minori falsamente spacciati come figli per poterli far arrivare in Italia tramite la pratica del ricongiungimento familiare, oltre ad esserci il reale rischio di reiterazione del reato visto che dal 2005 al 2014 avrebbe chiesto il ricongiungimento famigliare di otto minori, riuscendo ad ottenerlo per sei.

COME È NATA L’INCHIESTA

L’inchiesta è nata dalla denuncia presentata da un allenatore ivoriano della Sestese calcio che, avendo un contenzioso economico con la società, non riuscendo ad ottenere quello che chiedeva, ha deciso di raccontare la vicenda dell’ultimo tesserato in casa Sestese, ovvero un ragazzo del 2003 arrivato dalla Costa d’Avorio, una vera e propria promessa del calcio, prima appoggiato all’Ac Prato e poi tesserato dalla società del presidente Giusti e già venduto alla Fiorentina grazie alla firma messa su tutti i documenti dalla madre Stephanie Nety. Tutto regolare… apparentemente. Sì, perché in realtà l’allenatore ivoriano ha raccontato che quel ragazzo non era affatto figlio legittimo della signora Nety, bensì era stato fatto arrivare in Italia producendo una falsa dichiarazione di maternità per ottenere il ricongiungimento famigliare. E questo sarebbe stato l’ultimo di una serie di altri ragazzi africani fatti arrivare con lettere di invito e poi trattenuti in Italia oltre il termine dei 3 mesi previsti dalla legge con varie scappatoie.

L’INDAGINE: LA VERITÀ NEL DNA

La Squadra mobile di Prato si coordina con la procura e mette sotto controllo i telefoni dei dirigenti della Sestese e del Prato. Dopodiché decide di verificare se effettivamente il tredicenne ivoriano è figlio della signora Nety e procede all’esame del Dna. Esame che avvalora la denuncia dell’allenatore. Solo che le intercettazioni portano molto lontano e fanno scoprire un sistema ormai collaudato da molti procuratori circa la tratta di minori calcisticamente dotati dai Paesi africani. Fra gli altri compaiono i nomi dei procuratori sportivi Leonardo Giusti di Agliana e Mauro Cevoli di Rimini.

I SOLDI

Una delle posizioni che è sotto la lente di ingrandimento degli investigatori e che permette di avere un’idea del business è quella del giocatore Christian Kouamé, arrivato nel 2013, gestito fra Prato e Sestese prima di fare esperienze con Inter, Sassuolo e ora col Cittadella. Un trasferimento che avrebbe fruttato quattrocentomila euro al Prato.

INTER E FIORENTINA NEL MIRINO

Richiesta di acquisizione di documenti sono state fatte a Inter, Fiorentina e Cittadella, oltre al Prato calcio, dove l’acquisizione di documenti è partita all’alba di ieri mattina, con la presenza di Toccafondi, ed è andata avanti per diverse ore.

fonte www.iltirreno.gelocal.it

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  Scritto da La Redazione il 21/07/2017
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