"Le SCUOLE di TECNICA nascono dalla CRISI del MODELLO FORMATIVO"
Andrea Motroni interviene con un'interessante analisi che prende in esame le attuali difficoltà delle società tradizionali di calcio giovanile
E' stato come gettare un po' di benzina su un fuoco già rovente. I due articoli usciti nella scorsa settimana su TOSCANAGOL con argomento sul proliferare delle SCUOLE di TECNICA, una sorta di "doposcuola" per il bambini che fanno calcio, hanno fatto come divampare un "fenomeno" che è in costante aumento in Toscana, ma crediamo in tutta Italia. Molti ci hanno contattato per spiegare il loro pensiero, noi abbiamo creato su TOSCANAGOL una RUBRICA dedicata. Il tema è molto "caldo" e sentito, di grande attualità. Siamo pronti ad ospitare i vostri interventi: scriveteci via email oppure sulle nostre pagine facebook.
Qua sotto, intanto, ospitiamo, il pensiero di Andrea Motroni, da anni personaggio al centro del settore giovanile nella provincia di Lucca e anche a livello regionale. Dopo le esperienze con il Lucca7, l'Atletico Lucca7, la Folgor Marlia e il Pescia, da alcuni anni collabora con il Tau Calcio Altopascio. In questa stagione ricopre il ruolo di Responsabile Scuola Calcio Inter e delle società affiliate.
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Parlando un pò di tempo fa con Gino Mazzei del proliferare di iniziative inerenti alla pratica sportiva dei bambini come le “Scuole di tecnica” e i molteplici Camp Estivi legati magari anche a prestigiose società straniere (Real Madrid, Barcellona, Arsenal ecc.) sono stato facile profeta ipotizzando che questo argomento avrebbe suscitato un discreto interesse tra gli “addetti ai lavori” e non solo.
Non posso quindi esimermi dal condividere alcuni spunti di riflessione sull’argomento. Faccio una premessa non è mia intenzione in nessun modo dare giudizi nel merito su queste attività ne tantomeno è ovviamente mia intenzione giudicare chi aderisce a queste iniziative, ma prendere spunto da come sta cambiando il mercato dell’offerta sportiva per provare a, come ha giustamente scritto un commentatatore sull’articolo facebook di Toscanagol, interpretare e governare il cambiamento.
Mi spiego meglio: sono convinto che la crescita di attività parallele alle società sportive “tradizionali” siano un sintomo preoccupante di quanto sia profonda la crisi del modello sportivo su cui si è sviluppato lo sport in Italia, nel calcio in particolar modo, negli ultimi 50 anni. Del resto è cambiata la Società in generale, sono cambiate soprattutto le modalità di partecipazione delle persone alla vita sociale, sono pressochè spariti i momenti di partecipazione delle comunità di base come le feste religiose, le sagre, le gare di campionato della squadra di paese o se non sono sparite sono confinate in realtà territoriali sempre più limitate o peggio ancora sono legate ad uno sfruttamento commerciale degli stessi. Il famoso “Borgorosso football club” presieduto dal mitico Alberto Sordi troverebbe oggi difficoltà ad esistere. Le società sportive, nate nella maggior parte dei casi proprio da un tessuto sociale che prevedeva la partecipazione attiva di una comunità, fosse questa la parrocchia o la casa del popolo, si trovano ora da sole a fronteggiare il peso economico crescente della gestione delle attività stesse e il peso crescente delle responsabilità fiscali e penali che le nuove normative impongono. Le Società Sportive si sono trovate a loro completo carico la gestione degli impianti sportivi in molti casi senza contributi pubblici e nella quasi totalità dei casi con impianti ormai obsoleti e non più a norma, senza considerare che le nuove conoscenze e le età sempre minori con cui ci si trova ad operare impongono una crescente qualifica degli istruttori/educatori.
Ecco che di conseguenza in questi anni l’aspetto economico è diventato preponderante e Il ricorso al pagamento di quote associative per far fronte alle spese di gestione ha imposto di contro di dare un servizio adeguato e professionale agli utenti, nel nostro caso ai genitori. Una forbice, quella tra costi e ricavi, che difficilmente viene ormai coperta dalle sponsorizzazioni che sono sempre meno legate a benefici fiscali o a mecenatismo, ma sempre più alla visibilità che la promozione della società sportiva può garantire. In definitiva queste trasformazioni stanno imponendo alle società sportive di oggi un cambio di impostazione radicale, stanno inevitabilmente costringendo la “passione a diventare professione”. Del resto le ultime indicazioni legislative stanno spingendo in questa direzione inserendo il concetto di “fine di lucro” nelle società dilettantistiche e regolamentando i rapporti di lavoro dei collaboratori sportivi, un inequivocabile passo in avanti verso la creazione di un modello imprenditoriale dell’associazionismo sportivo.
E le scuole di tecnica cosa c’entrano si dirà? E’ una conseguenza inevitabile: se da una parte ci sono società sportive sempre più in difficoltà alle prese con queste trasformazioni e dall’altra parte c’è un “cliente” che paga è inevitabile che a fronte di una domanda insoddisfatta ci sia un offerta che cerca di intercettare la domanda, è la legge del mercato !!! Se io porto mio figlio a fare attività sportiva voglio il meglio e se le società sportive tradizionali hanno strutture fatiscenti, se magari fanno sedute con 40 bambini e due istruttori ecco che può nascere l’esigenza di una seduta in un ambiente confortevole e con pochi bimbi se poi l’istruttore è anche un ex-giocatore professionista si “giustifica” meglio la quota da pagare. Del resto le strutture che gestiscono le scuole di tecnica, ma anche tutti i camp estivi di tutti i tipi, sono organizzate di solito come un impresa privata, anche se di fatto spesso sfruttano le agevolazioni riservate alle Associazioni Sportive Dilettantistiche. Gli istruttori che operano in queste strutture sono in gran parte i titolari dell’attività, gli impianti sportivi non sono gestiti in maniera diretta, ma sono affittati sgravandosi da tutta una serie di responsabilità gestionali insomma una struttura più snella e facilmente gestibile. Queste realtà non devono poi preoccuparsi di gestire tutta l’attività promossa dalla FIGC, specialmente per le fasce più piccole, e nemmeno devono sottostare al loro controllo.
Da tempo penso che la politica sportiva, sia quella dello Stato che quella degli enti locali, delle federazioni e del Coni, dovrebbe accompagnare in modo più incisivo la trasformazione delle Società Sportive tradizionali. C’è assoluto bisogno di maggiori competenze e di maggiori risorse perchè chi gestisce la crescita sportiva, specialmente delle nuove generazioni, lo possa fare con strumenti adeguati. Parlando con amici che hanno avuto la possibilità di operare in alcune realtà geografiche diverse come USA, Australia solo per citarne alcune parlano di Società Sportive che sono in tutto e per tutto attività commerciali con numeri di tesserati ampiamente sopra i duemila tesserati, impensabili per le nostre realtà attuali, ma non così assurdi se si pensa che queste società svolgono promozione sportiva spesso in ambito polisportivo e per fasce di età che vanno dai piccoli fino ai corsi per la terza età, ovviamente attività sia maschile che femminile. Un modo per aumentare il mercato di riferimento e per sviluppare anche attività commerciali e promozionali a supporto della Società.
Lo so molti penseranno che questo intervento sia fuori tema, in parte è vero. Ho volutamente ignorato tutta una serie di considerazioni sociali non perchè non siano importanti, ma perchè ci sarebbe bisogno di spazi meno angusti di un intervento su di una testata giornalistica per poterne parlare e ho preferito soffermarmi su un aspetto magari con un impatto meno emotivo. Qui non si tratta di dire Scuole di Tecnica si o Scuole di Tecnica no anche perchè non mi sento davvero di affrontare l’argomento in questo modo, sono convintissimo che tutti gli operatori coinvolti svolgono la loro opera con passione, ma se come dicevo prima la “passione” deve diventare “professione” questa trasformazione deve avvenire inserita in un quadro generale che eviti di sovrapporre o peggio ancora di contrapporre le offerte formative in esame.
Andrea Motroni