Si è chiuso presso il Tribunale di Prato il "caso" dei baby calciatori della Costa d'Avorio tesserati da Prato e Sestese. Una vicenda scoppiata la scorsa estate che trova così la sua fine a livello penale. Filippo Giusti, a quel tempo presidente della Sestese, ha patteggiato una pena di un anno e undici mesi per i quali è prevista la condizionale. Poi arriverà anche la sentenza a livello sportivo, prevista secondo alcuni per la metà del mese di Aprile.

Dopo tanto silenzio, Giusti è tornato a parlare e a raccontare la vicenda al collega Stefano Brogioni del LA NAZIONE. L'articolo è così uscito sulla CRONACA di FIRENZE e TOSCANAGOL lo riporta qua sotto integralmente.
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PER LUI, Filippo Giusti, che è cresciuto con la Sestese e ha cresciuto la Sestese, è già una condanna non esserne più il presidente. Per una delle più importanti realtà calcistiche toscane (lo diciamo dopo essere stati invitati a visitarne le strutture) sono stati tempi duri e la «partita» dell’inchiesta sportiva non è ancora conclusa. Tuttavia, lo stadio Torrini ha tirato fuori gli anticorpi: in questi mesi è rimasta una cittadella ovattata, chioccia per i piccini e riparo per i grandi. L’Osteria del Pallone non ha chiuso neanche un giorno, il vivaio rossoblù resta uno dei più blasonati e invidiati d’Italia. Cristian Kouame, uno della nidiata dello scandalo, segna a raffica in serie B. E, sottolineamo, nonostante questa inchiesta i settori giovanili restano imbottiti di stranieri e per cercare la soluzione, più che affidarsi ai pm, serve un intervento del governo, del calcio e non.

Ma per Giusti, ora che è giunto il triplice fischio del penale, è scoccata l’ora di dire la sua.

Giusti, cominciamo proprio da questi ragazzi ivoriani. "Non sono arrivati qui con i barconi, ma con il consenso delle loro famiglie. I ragazzi erano e sono felici di star qua, non abitavano in uno scantinato ma in un appartamento di cinque stanze, andavano a scuola e mangiavano al nostro ristorante. Li abbiamo trattati come i nostri figli, cercando di fargli avere ciò che non avevano a casa loro. Scarpe, vestiti, a Natale erano tutti a casa mia, li ho portati a Gardaland con la mia famiglia. Errori? Sotto l’aspetto morale non mi sento di essere in difetto".

E allora dove ha sbagliato? "Non mi sono mai reso conto di compiere reati. È stato un investimento fatto con Paolo Toccafondi nell’ottica della collaborazione con il Prato. Non mi sono arricchito, non ho macchinoni o ville al mare. Ho rischiato sempre sulla mia pelle, onorando tutti gli impegni economici presi, come nel calcio non sempre avviene. I benefici economici che negli anni sono arrivati per la vendita di alcuni calciatori sono sempre stati investiti nell’attività della società e nelle strutture dello stadio. Non dimentichiamoci che la Sestese dà lavoro a tante famiglie".

Sapeva che quella donna non era la vera madre del baby calciatore che stava per passare alla Fiorentina? "Assolutamente no. La donna ci disse che il ragazzo si era appena ricongiunto con suo fratello, ci portò dei documenti della questura, in cui risultava che fosse suo figlio e infatti venne tesserato. Dopo che ha iniziato a giocare, il mio telefono bolliva. Lo volevano tutti, ci accordammo con la Fiorentina perché ci sembrava anche la soluzione migliore per il ragazzo".

E ora? "Da possibile campione, non ha più la possibilità di fare sport e crescere in un ambiente sano. Ha diritto di giocare a pallone, non a caso il decreto Lotti va incontro a casi come questo. Il popolino che non mi conosce mi dà di scafista, dice ‘quello della tratta dei bambini’. Ma se fossi stato un prete, adesso sarei un eroe. Io ho solo cercato di adeguarmi alle regole e fare il bene della mia società".

Rifarebbe tutto? "So di aver fatto il bene di questi ragazzi e di aver migliorato la loro vita. Ma ciò che mi è successo il 20 di luglio ha resettato la mia. Tutto ciò che avevo costruito, mi è crollato addosso. Burocraticamente avrò sbagliato qualche passaggio. Ma li ho trattati tutti bene. Il calcio mi ha portato spesso fuori di casa e lontano dalla famiglia, ma mia moglie, in quei giorni mi disse: ‘sono dalla tua parte, perché quello che hai fatto per quei ragazzi non lo hai mai fatto neanche per i tuoi figli’’.

Cosa fa adesso il presidente Giusti? "Il calcio continua ad essere il mio mondo e lo sarà anche quando finirà questa vicenda. Ho dato le dimissioni da presidente, il lavoro resta un diritto e continuerò a lavorare qui come consulente esterno. Sono stato tesserato per la Sestese dal 1982. Senza citare nessuno voglio ringraziare tutti quelli che in un momento difficile come quello di luglio, si sono rimboccati le maniche e hanno fatto sì che la società andasse avanti senza contraccolpi".

Stefano Brogioni