Ma cosa è accaduto? Bellacci sta concludendo il riscaldamento, a pochi minuti dalla partita coi Giovani Fucecchio 2000, di terza categoria al campo di San Pierino: a un certo punto sente un prurito, che dal petto si irradia fino alla bocca. Inizia ad avere difficoltà a respirare, così chiede ai compagni di chiamare la madre, che fa l’infermiera. Sul petto appaiono i segni di un pinzo, di non si sa quale insetto (forse un tafano): Bellacci va nello spogliatoio, mette la testa sotto l’acqua e quando si rialza praticamente non respira più. Si toglie la maglia, esce fuori e chiede aiuto: è lì che arriva David Tamburini, il quale lo sorregge e gli tiene ferma la lingua; nel frattempo vengono reperite alcune pasticche di cortisone, che vengono somministrate al 26enne, su indicazione del 118, che guida Tamburini nei movimenti.
Bellacci sente la bocca e la gola gonfie. Respira ancora peggio di prima e inizia a tremare. Compagni e avversari iniziano ad aver paura. Tamburini, però, non demorde: continua a tenere la lingua del giovane e nel frattempo gli mette un po’ di ghiaccio dietro la testa. L’ambulanza arriva prontamente e il medico scende già con la siringa in mano, per limitare i sintomi dello choc anafilattico. Tra adrenalina e flebo al cortisone Bellacci inizia a star meglio e sale in ambulanza. Quando scende, infatti, chiede addirittura alla madre il risultato della partita. Poi i sintomi si ripresentano e il capitano entra in pronto soccorso, per poi essere ricoverato in osservazione.
LA COMMOZIONE DEI GENITORI DEL CALCIATORE
Bellacci pian piano si riprende e il giorno dopo torna a casa; dovrà capire cosa ha scatenato quello shock ma intanto può dire di “averla scampata” . Nella mente rimane l’intervento del mister avversario, che oltretutto ha fatto ritardare l’inizio del match (poi vinto 4-1 dai Giovani Fucecchio), in attesa che Bellacci venisse caricato sull’ambulanza. Una storia casuale, che ha unito due persone e – a questo punto – due famiglie: lunedì 13 abbiamo fatto incontrare Bellacci e Tamburini a San Pierino, a due passi dal campo dove il primo si è sentito male. Bellacci era accompagnato dai genitori, il padre Ermete e la madre Cristina, che si sono letteralmente “coccolati” Tamburini: "Se non ci fossi stato tu – gli dice la madre – non so come sarebbe andata. Ogni volta che ti rincontrerò non potrò che pensare a quello che hai fatto per nostro figlio".
"Domenica era il mio compleanno – aggiunge il padre piangendo – e questo è stato il regalo più bello che potessi ricevere". Basterebbero le lacrime di Ermete e Cristina per riassumere questa storia. Però poi ci sono i due protagonisti, cioè il salvato ed il salvatore, capitati in questo ruolo per puro caso: Bellacci fa il magazziniere in una conceria di Santa Croce sull’Arno, Tamburini noleggia lavatrici industriali. Il primo è di San Romano (ma ormai sanpierinese di adozione) e ha 26 anni; il secondo ha 50 anni, viene da Sovigliana ma si è trasferito a Fucecchio per amore. Insomma, due persone diversissime, legate dal calcio e da questa vicenda: "Ci si vede al ritorno mister", dice Bellacci. "Ti aspetto sul campo", gli risponde Tamburini. Poche parole, bagnate da lacrime sincere.
L'ABBRACCIO CON IL SUO SALVATORE
Occhi rossi di quattro persone, unite da un incubo a “lieto fine”. "Mi ero impaurito – continua Bellacci – così come i miei compagni. Mio fratello Tommaso, che gioca con me, piangeva. Cosa dire? Non è stato facile nemmeno tornare qua al campo, se ci penso mi prende male. L’arbitro chiamava il mister ma lui è rimasto con me, anche a costo di essere espulso. Non ci sarà mai un modo per poterlo ringraziare, perché in quei 15 minuti mi è passata la vita davanti. Non respiravo, né riuscivo a parlare, ero tutto gonfio: non sapevo più cosa fare. Lo posso solo ringraziare e magari – sorride – gli pagherò una cena".
Lì accanto c’è Tamburini, che lo abbraccia: "Ne ho viste tante nella vita e ho sempre l’avuto l’istinto di fermarmi per dare una mano. Perché l’ho fatto? Ho solo fatto ciò che mi sentivo dentro. Ho cercato di non farlo soffocare, gli ho dato il cortisone, mentre parlavo col 118 che mi aiutava. Alla fine anche fare il primo soccorso ti può aiutare in situazioni come queste, serve un mix di freddezza e di fortuna". Questa è la storia di Bellacci e Tamburini: il destino li aveva voluti avversari, adesso sono diventati “fratelli sul campo” .
NELLA FOTO L'ABBRACCIO TRA BELLACCI E TAMBURINI (FOTO SESTINI)
fonte www.iltirreno.gelocal.it